RETRÒVISIONI
Dal 25 marzo al 17 maggio 2015
Museo Nazionale dell'Automobile di Torino

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Una Citroën abbandonata sul lato di una strada. Confrontare con “Une charogne”. Ecco a una svolta, spuntare la macchina morta, la carogna-automobile, e si può vedere la sua decomposizione, la ruggine, gli sfondamenti, i visceri esposti, manca però il suono, la strana musica degli insetti e, soprattutto, l’odore: si tratta di una decomposizione che ha qualcosa di metafisico, più immateriale che materiale, di un automa che ha vissuto, che ha sentito il 'conatus' senza mai acquistare una caratteristica umana, e che disumanamente, come ha vissuto, si decompone.

A Citroën abandoned by the roadside. Compare it with 'Une charogne'. Here, at a turning point, the dead car, the car-carcass appears, and you can see it decomposing, the rust, the holes and the exposed guts, but there is no sound, the strange music of insects, and above all, there is no smell: this decomposition has something metaphysical about it, more immaterial than material, an automaton that has lived and felt the 'conatus', without ever acquiring a human characteristic, and which now decomposes, inhumanly, as it lived.

Guido Ceronetti – Il silenzio del corpo, Adelphi,1979

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“Accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde.”
Alessandro Baricco

Quando lessi il pensiero sulla Citroën abbandonata negli scritti di Ceronetti, rimasi affascinato da quella potente visione. Anni dopo m’imbattei in un cimitero d’auto poco prima che venisse smantellato: tutto poi sarebbe svanito per sempre. Giunsi al cospetto di una dimensione sbalorditiva e indescrivibile, così vasta da non sapere da quale parte cominciare a posare lo sguardo. Il Tempo incontrastato era stato artefice e protagonista, mettendo in scena, con il solo strumento della natura, un’opera monumentale e poetica, dalla stesura delicata e suggestiva.
Il tutto nella quiete più assoluta.
Velature, sedimentazioni, corrosioni e disgregazioni su carcasse inorganiche: pezzi seriali trasformati in pezzi unici. Mi divertii ad immaginare quale potesse essere il fine di tale agire… Quale metamorfosi attende, allora, tutte quelle cose che l’uomo dissemina, gettandole, dopo averle così tanto immaginate, realizzate, desiderate e possedute? Del resto quelli erano solo oggetti usati, ormai privati di quelle cure, anche smaniose, che li conservavano. Al posto delle didascalie, pensieri e aforismi accompagnano le immagini che hanno cercato di cogliere l’indescrivibile: uno stato intessuto a lungo durante una pace scomparsa per sempre. È come se, ormai, non servisse più tanto sapere di quale oggetto in disfacimento si tratti, giacché completamente sprofondato nell’oblio ma, piuttosto, sentire quali riflessioni o emozioni possano affiorare. Come un insetto ho perlustrato, soffermandomi con sorvolo curioso, alcuni segni non umani presenti su questi manufatti, già tutti numerati, in attesa di un insperato futuro.
Fotografie scattate a Kaufdorf, Svizzera, il 13 settembre 2009.

Torino, marzo 2015

“Things happen that are like questions. A minute passes, or years, and then life responds.”
Alessandro Baricco

When I read his thoughts about the abandoned Citroën in Ceronetti’s writings, I was fascinated by that powerful vision. Years later I came upon a car graveyard shortly before it was dismantled: everything would vanish forever. I found myself in an amazing, indescribable scenario, so vast that I did not know where to look first. Undisputed Time was the author and the protagonist, staging a monumental and poetical work, with a delicate and atmospheric style, using only the tool of nature.
All in absolute silence.
Veiling, sedimentation, corrosion and disintegration on inorganic carcases: mass-produced parts transformed into unique pieces. I enjoyed trying to imagine what might be the outcome of this action… What metamorphosis awaits all the objects that man disseminates, throwing them away after he has imagined, developed, desired and possessed them for so long? But of course they were only used items, now without the often maniacal care that conserved them. Instead of captions, thoughts and aphorisms accompany the pictures, which attempt to grasp the indescribable: a state woven over time during a peace that has vanished forever. It is as if it were no longer useful to know which disintegrating object we are observing, because they have all sunk completely into oblivion, but, rather, to sense which reflections or emotions might emerge. Like an insect, I hovered with curiosity over a number of inhuman signs evident on these manufacts, which are already all numbered, awaiting an unhoped-for future.
Photographs taken in Kaufdorf, Switzerland, on September 13, 2009

Turin, March 2015

Alberto Dilillo
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